Questa sera ho acceso la tv molto tardi. Su rai 1 trasmettevano uno sceneggiato sul Trio Lescano in voga negli anni della seconda Guerra Mondiale. La prima scena che mi si è presentata era sulla cattura di un giovanotto , forse un fascista, fatta da partigiani che cantavano la bella canzone –Bella ciao- ma ho avuto l’impressione che la scena preannunciasse una fucilazione e d’improvviso mi sono ricordata di un racconto scritto nel dopoguerra, dal cappellano militare amico di mio padre, una delle tante che, ragazzina dodicenne, ascoltavo con partecipazione e commozione. Ora la ricopio dal suo volume intitolato-Novelle del 2000 edizione 1957. Purtroppo da alcuni giorni mi sono accorta di aver perso l’altro suo volume con la dedica fatta a me personalmente intitolato –Memorie dal Kenia- . Quando non l’ho più ritrovato, in piena notte perché non riuscivo a dormire, ho pianto diverse ore e mi si è rinnovato il dispiacere immenso ed inconsolabile di quando sono stata informata dai miei genitori, seduti in cucina affranti, della sua morte improvvisa per infarto a soli 58 anni; pochi giorni prima era venuto appositamente a trovarmi per benedire il mio bambino di 40 giorni. Capisco ora che in quel momento, inconsapevolmente, piangevo l’unica persona che mi avrebbe voluto veramente bene nella mia vita accettandomi così come ero e come sento di essere ancora oggi a quasi 70 anni.
SEPPELLIRE I MORTI
Una coppia di robusti maggiolini stava rientrando da una festa di gala, tenuta in una vigna, abbellita da numerosi alberi di pesco. Erano talmente ebbri di profumo e di danze aeree da non poter volare in alto sul ciliegio avito, dove avevano dimora primaverile. Con le antenne abbassate, camminavano impacciati in mezzo all’erba: il loro dorso aveva perduto la solita lucentezza. Tutta colpa di quei fiori voluttuosi di sambuco, se avevano commesso mille pazzie…..Marito e moglie avevano gli stessi pensieri, ma non si scambiavano una parola. Finalmente giunsero ai piedi del ciliegio e si fermarono perché, in quel momento, intorno all’albero, si svolgeva un nero corteo di formiche che stavano dando sepoltura a delle proprie compagne, morte in combattimento contro uno stuolo di terribili formiche rosse. Fu allora che la maggiolina, per una associazione d’idee (come quelle che vengono attribuite agli insetti nelle favole), rivolse la parola al marito. –Chissà quale brutta fine faranno quei due storditi maggiolini innamorati che per distrazione si sono fatti acchiappare da quel ragazzo sempre in cerca di insetti?- Poi esclamò ancora – Ah! Quell’odioso ragazzo! Può aspettare invano che io gli dica dove è sepolto suo padre! -Come?- fece il maschio – e non mi hai detto nulla di cio’?-
Oh! E’ una vecchia storia, che mi ha narrato mia madre; ma il fatto risale addirittura ai miei avi. Alcune primavere or sono, una mia ava abitava su quella quercia a destra, ma cambiò dimora in seguito a un fatto…… Un mattino tutti i viventi alati, che abitavano sulla quercia, vennero disturbati da un vociare. Erano degli uomini , armati, che spingevano, davanti a sé, un altro uomo legato alle mani, Quell’uomo guardava in alto, verso il sole, e non piangeva. Venne fatto inginocchiare. Allora i maggiolini sentirono un tuono e videro delle fiamme. Molti nostri antenati caddero sul corpo dell’uomo e si inzupparono di una rugiada rossa, mai conosciuta. Gli uomini armati se ne andarono, lasciando quell’uomo steso a terra. –E poi? Dove è andato quell’uomo?- Interruppe il marito sempre più incuriosito. –Vi sono ancora le sue ossa;-riprese la moglie- anzi, ricordo che, quando dovetti aprirmi un varco nel terreno, per venire alla luce, vi era un piastrino di ferro, che mi impediva di uscire….E’ su quel piastrino di ferro che ho scoperto il segreto. Quell’uomo era il padre di quel crudele ragazzo, che cattura maggiolini e che cercava di ucciderci………… Tu arrampicati su per prima, mentre io mi do una ripulita alle ali, sporche di fango – disse il maggiolino. E, quando vide la moglie chiacchierare con un gruppo di allegre amiche, egli, radunate tutte le forze, decollò magnificamente, dirigendosi verso il sambuco. Il ragazzo era ancora là; seduto, contava le prede catturate poste in scatola. Il maggiolino gli volteggiò arditamente intorno al capo ed andò poi a posarsi sul sambuco. Il ragazzo lo vide, tese tutti i muscoli e…zach! Con una manata portò via numerose foglie di quercia ed il maggiolino. Lo slancio era stato troppo forte ed il ragazzo, cadendo a terra, allargò il palmo della mano, da dove uscì l’insetto tramortito, che, con volo pesante, radente la terra, sorvolò un oggetto lucente…..Il fanciullo vide un piastrino militare e lo raccattò subito….Egli si sbiancò in viso e rimase per qualche minuto come inebetito. Stentava a credere! Sulla targhetta metallica stava scritto il nome e cognome di suo padre! I suoi occhi si posarono su delle ossa sparse. Quel cranio e quelle ossa erano di suo padre….. Con un grido, il ragazzo si precipitò di corsa verso la casa lontana.
All’imbrunire, quando il maggiolino, accompagnato dal chiarore delle lucciole, riuscì a raggiugere l’alto del ciliegio, venne apostrofato dalla moglie: -non era ancora finita la festa per te?! Dove sei andato?- Esso rispose: -Sono stato a compiere una sepoltura, che gli uomini avevano dimenticato di fare!- Poi, infilatosi nel fiore, che gli serviva da dimora, piombò in un sonno ristoratore, mentre una lucciola, rimasta accanto a lui, cangiava la luce rossa in azzurra per cullargli il sonno.