Per il Concorso Letterario svoltosi recentemente, questo mio racconto che ricopio, non è stato selezionato dalla Giuria fra i primi 10 che sarebbero stati votati dai lettori (in realtà ne erano esposti 9). Per avere il giudizio dei miei lettori, ne creo un Post che spero che qualcuno abbia voglia di leggere, anche se un po' lungo. Qualsiasi giudizio positivo o negativo sarà da me ben accetto nell'ottica di migliorare dato che "scrivere" è diventato il mio hobby preferito.
PAUSA PRANZO O NOSTALGIA DI GIOVENTU'?
Quando un bambino nasce porta con se miliardi di informazioni che riguardano tutto il suo corpo, la sua mente, la sua personalità e, io credo, la sua anima.
Quando un bambino nasce, nasce un "universo" simile nella sua perfezione, all'universo che ci circonda.
Fra le tante "informazioni" che avevo avuto in dote c'era quella che io ero nata per correre, correre sempre....per sentire il vento sulle guance e nei miei capelli.
Un giorno a scuola, durante l'intervallo, una mia compagna, che abitava nel palazzo di fronte al mio e come me era scesa al cancello sul retro del "Romagnosi" per prendere un pezzo di focaccia che la panetteria, al di la della strada, vendeva agli studenti, mi ha chiesto: ma tu a che ora arrivi a scuola? Ti vedo uscire da casa tua quando io mi alzo dal letto!!
E' vero, correvo a scuola perchè volevo avere il tempo di rileggere la lezione nel silenzio della classe ancora vuota o quasi vuota.
Ero felice sul campo sportivo sia negli allenamenti, che durante le gare.
Se devo pensare a un luogo, a un periodo in cui maggiormente mi sono sentita felice, serena, devo pensare allo Stadio di Piacenza, quello vecchio al quale si accedeva da via Poggi: la pista rossa per le corse, quelle per i salti, quelle dei lanci e poi...il prato verde dove, alla domenica si svolgevano le partite di calcio e dove io mi sedevo tra una gara e l'altra in attesa che arrivasse quella successiva alla quale l'allenatore mi aveva iscritta, a volte solo per portare qualche punto in più alla squadra, anche se, per quella disciplina non ero particolarmente brava, ma per raggiungere un successo di "Squadra". Concetto che è entrato nel mio DNA e che è diventato innato per sempre, in tutti gli ambienti che frequento e che ho frequentato nella mia vita.
Poi nel 1961 mi sono diplomata: voti discreti e 10 in ginnastica. I voti li erano andati a controllare i miei genitori. Quando erano stati esposti io ero già in montagna con la colonia della mia parrocchia perchè avevo promesso a Don Marino che l'avrei raggiunto subito terminati gli orali, per accudire le bambine più piccole, come l'anno precedente. Il papà mi aveva scritto che era stato tanto contento dei voti che avevo ottenuto, che, per la gioia, avrebbe voluto fare le capriole e che era pentito di non aver dato la stessa gioia ai suoi genitori. Mio cugino di 5 anni più grande di me aveva scritto: "che schifo i tuoi voti...Complimenti!!!" (Ho ancora il suo bigliettino).
Poi mi sono impiegata....4 ore al mattino, 2 ore di PAUSA PRANZO, 4 ore al pomeriggio, un sabato mattina in ufficio, alternato a un sabato mattina libero.
Ero abituata a "legarmi virtualmente" al tavolo dove studiavo, come avevo letto che faceva (anzi lo faceva fare a un suo servitore) Vittorio Alfieri..., ma poi potevo volare al campo sportivo e liberarmi della gran voglia di correre.
Quando ho cominciato a lavorare, 2 ore di intervallo erano lunghissime e allora alternavo: nei giorni di brutto tempo: la lettura di un libro...un lavoro ai ferri o all'uncinetto (in queste arti sono una schiappa)...Ricopiare le ricette dal quaderno della mia mamma che riportava anche quelle della nonna. Nei giorni freddi ma di bel tempo, passeggiavo con la mia collega/amica per le brulle strade di periferia e, a volte, abbiamo combinato qualche birichinata.
Come quella volta che abbiamo fatto un giretto in bicicletta, i 2 sulla stessa bicicletta....e siamo rovinosamente cadute in mezzo al cortile della fabbrica.
Ma più spericolato è stato il giretto che ci siamo concesse sul trenino che dalla stazione portava le materie prime alla fabbrica, o il prodotto finito, dalla fabbrica alla stazione. Anche questo finito "rovinosamente" perchè, è vero che il conducente, alla nostra richiesta di salire, gentile e divertito, ce lo aveva permesso, ma, è anche vero che, entrando in fabbrica, destino aveva voluto, che attraversasse il cortile, proprio il Direttore di Fabbrica, poi Direttore Generale, poi Amministratore Delegato, che, con un solo gesto imperioso, aveva fermato il locomotore e ordinato a tutti e tre di scendere e...LAVATA DI TESTA, in primis per i rischi che avevamo corso (era oltre che ingegnere anche un papà) e, inoltre per le regole sulla sicurezza, ignorate spudoratamente per una birichinata, per un capriccio!
Il 27 del mese, giorno in cui si prendeva lo stipendio (a quel tempo in soldi contanti) facevamo un giretto più lungo per arrivare alla Pasticceria Piccoli di Via Cavour e ci concedevamo un paio dei deliziosi pasticcini che sfornava. Malauguratamente, una volta, ci ha colto sul fatto un collega e da quel momento era girata per tutti gli uffici, la "leggenda" che avevamo l'abitudine di scialacquare parte dello stipendio in paste e che eravamo intente a mangiarne una, con un'altra già in mano e gli occhi ingordi, fissi, già a scegliere le successive.
Poi era finalmente arrivata la primavera.
Da sempre aspetto la primavera perchè, per me, non c'è gioia più grande del vedere la natura che si risveglia, per raggiungere i prati e gli argini dove sicuramente troverò le violette, per entusiasmarmi quando trovo quelle bianche, così rare rispetto alle altre.
Così, per un po' di giorni, la nostra meta era stata "l'argine del Po" facilmente raggiungibile a quell'epoca, da via del Capitolo o da Via Finarda, perchè non era ancora cominciata la costruzione di quel tratto di autostrada che da li a qualche anno avrebbe impedito di arrivare direttamente al fiume Po.
Erano giorni meravigliosi sia per la natura in tutto il suo splendore del risveglio e per il cielo terso, come pure per la nostra giovinezza e per il futuro che ci attendeva e che intravedevano terso proprio come il cielo.
Un cielo che qualche mese dopo avremmo visto oscurarsi completamente per l'eclissi totale del sole e che avremmo guardato munendoci di occhiali scurissimi, emozionate perchè avevamo letto che si trattava di un evento rarissimo che si sarebbe ripetuto solo dopo decenni.
Ricordi....Ricordi....Ricordi che grazie alla Vostra iniziativa si sono materializzati su questi fogli bianchi e che, forse, qualcuno leggerà....E che, forse, racconterà ai propri figli e nipoti, così che si ripeterà il rito antico di tramandare a voce pezzi di vita che diventano leggende....Leggende di vite vissute e che manterranno nelle nuove generazioni, la memoria di chi li ha preceduti.
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